Nel 2016 Don Alessandro Di Fede Santangelo divenne il nuovo arciprete di Menfi. Un prete molto giovane, ma con alle spalle varie esperienze pastorali importanti. Alla celebrazione eucaristica, presieduta da Don Franco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento, erano presenti molti sacerdoti e moltissimi fedeli accorsi non solo da Menfi ma da vari paesi della provincia di Agrigento.
Sono già passati circa cinque anni da quel giorno e la nostra redazione ha voluto intervistare don Alessandro, con cui abbiamo parlato della sua esperienza come arciprete a Menfi e delle difficoltà che la Chiesa ha dovuto affrontare in quest’ultimo anno di pandemia.
Come è stato accolto nella comunità da quando è il nuovo arciprete di Menfi?
“Si è creata una bella empatia fin da subito. Debbo dire che ho avuto una bella accoglienza. Curo molto il rapporto con i miei fedeli e cerco di essere per loro un punto di riferimento e una guida spirituale. Ho cercato di percepire i bisogni spirituali e di ascoltare. L’ascolto di un padre spirituale. Ogni sera, dopo avere finito la mia giornata, vado davanti al Santissimo e dico: “consegno tutto a te”.
Come nasce la sua vocazione?
“Ho 21 anni di sacerdozio. A 11 anni sono entrato nel seminario di Agrigento, ma sin da piccolo a Sciacca nella Chiesa di San Francesco di Paolo di via Licata, ho iniziato a dare i primi passi della mia vocazione aiutato da un umile e grande sacerdote, don Vincenzo Ciaccio, che è rimasto sempre mio padre spirituale, mia guida sicura. Ho perso mio padre a quattro anni e don Vincenzo è stato un punto di riferimento. La mia vocazione è stata chiara fin da subito, anche se ho avuto bisogno di momenti di confronto.
Ho studiato teologia ad Agrigento e poi ho studiato per la specializzazione in Ecclesiologia presso la Facoltà Teologica “San Giovanni Evangelista” di Palermo. Nel 2003 arriva il mio primo incarico da parroco a Favara, grazie alla decisione del Vescovo Ferraro. Nel 2012 sono stato nominato arciprete a Bivona. Ho fatto parte del Collegio dei Consultori e continuo a far parte del Consiglio Presbiterale Diocesano”.
Che momento sta vivendo la Chiesa a causa della pandemia?
"E ’sicuramente un momento particolare, legato al rapporto con la gente e con una fede che si è rafforzata. Durante il lockdown la Chiesa è tornata ad essere “domestica”, come la chiama il Concilio Vaticano II, un ritorno alle nostre radici, dove il centro di tutto era la domus. Mancano certe attività legate all’oratorio, come per esempio i Grest, ma speriamo di tornare presto ad organizzare questi eventi di aggregazione.
Per fortuna in chiesa non si è registrato nessun contagio di grosso rilievo, grazie al fatto che la partecipazione alle messe si è ridotta, e tutti rispettiamo le regole, lo stesso coro canta con la mascherina, e le assicuro che non è facile.
Alcuni riti stanno iniziando di nuovo, tra cui battesimi, comunioni, cresime e matrimoni, ovviamente con un protocollo di sicurezza ben preciso”.
Siete un punto di riferimento per le famiglie bisognose. Chi si rivolge a voi e con quali difficoltà?
“Già prima della pandemia, la Caritas Cittadina era un punto di riferimento. Alla Caritas di Menfi collaborano tutte le parrocchie attraverso un gruppo di volontari, di cui io sono l’assistente spirituale e il legale rappresentate di comune accordo con gli altri parroci di Menfi.
Fino al febbraio 2020, prima della pandemia, le famiglie che aiutavamo erano 183 per un totale di 539 componenti. Oggi sono 301 famiglie con 813 componenti di cui 173 minori di 15 anni. Se prima erano per la maggior parte extracomunitari, oggi le richieste di aiuto provengono anche dai cittadini di Menfi. La gente chiede aiuto con molta discrezione, e noi con la stessa discrezione cerchiamo di aiutarli nel migliore dei modi. La distribuzione, soprattutto di cibo, avviene ogni 15 giorni. Le richieste arrivano grazie al Centro di Ascolto Caritas che riceve ogni sabato dalle 09,30 alle 11 presso la sede della Caritas Cittadina in via Leonardo Cacioppo 64.
La Caritas è l’organismo ufficiale della CEI e ha una funzione pedagogica, perché insegna ai fedeli ad essere portatori di carità cristiana.
Torneremo, mi auguro molto presto, a fare dopo scuola ai bambini delle elementari e delle medie e alfabetizzazione agli stranieri.
Inoltre, il Centro di Ascolto ha continuato ad aiutare le famiglie anche con i pagamenti di varie utenze, perché voglio ricordare che la Caritas non dà soldi ma servizi. Il banco alimentare, la raccolta del “fiore che non marcisce“, cioè le offerte durante i funerali, le liberalità della gente e la Caritas Diocesana sono le fonti da cui attingiamo per aiutare i bisognosi, per questo è importante donare l’8x1000 alla Chiesa Cattolica. Voglio ricordare che il polso della povertà è della Caritas”. Nei primi mesi della Pandemia abbiamo avuto anche una fattiva collaborazione del Comune attraverso l’iniziativa “Menfi aiuta Menfi” che faceva confluire nel conto corrente della Caritas varie donazioni. (IBAN: IT 60 F 02008 82990 00010 55175 69 intestato Parrocchia S. Antonio di Padova – Caritas Cittadina)
Che messaggio vuole mandare alla comunità di Menfi in un momento così difficile?
“Un messaggio di speranza, il Vangelo della vita. Credo che il messaggio sia che il Signore ci chiami a tirare fuori il meglio di noi come la carità, l’amore e l’altruismo nei momenti più bui.
Un esempio importante sono state le varie associazioni di volontariato che hanno lavorato senza sosta per aiutare tantissima gente in difficoltà. Questo momento passerà, ma ci lascerà un grande insegnamento, cioè che aiutare il prossimo ci rende migliori e più uniti, accogliendo la parola del Vangelo”.
Ringraziamo don Alessandro Di Fede Santangelo per la sua disponibilità.
Il coronavirus ci ha cambiato le vite, ma probabilmente ha accresciuto la nostra fede. In un momento di grande incertezza la Caritas è stata in prima linea nell’aiutare chi si è trovato in serie difficoltà. La comunità ha bisogno di punti di riferimento forti e sicuramente Don Alessandro lo è stato e continuerà ad esserlo.