Rimpatrio studenti all'estero, intervista a giovane menfitana a Dublino: "Lo Stato ci deve aiutare, ci sentiamo abbandonati”

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Quanti siano in questo momento all’estero è impossibile dirlo, di sicuro diverse decine di migliaia di italiani si trovano in un Paese straniero bloccati dall’emergenza coronavirus, che sta prendendo piede ormai in ogni parte del globo. Molti di questi sono studenti che si trovano in Erasmus.

In questi giorni il Ministero degli Esteri è a lavoro per far rientrare in Italia i connazionali attualmente bloccati all’estero a seguito della chiusura dei confini decisa da molti stati per fronteggiare la pandemia, dando priorità ai nostri studenti.

All’estero in Erasmus si trova anche la giovane menfitana Chiara Moschitta. La 21enne, iscritta al terzo anno di Lingue e culture straniere ad Urbino, si trova attualmente a Dublino da settembre e doveva rimanerci fino ai primi mesi di giugno. In queste ultime settimane però, a causa del coronavirus, la situazione è precipitata e le università hanno invitato gli studenti stranieri a tornare a casa.

La nostra Redazione ha contattato telefonicamente la giovane studente per farci raccontare come sta vivendo questi giorni.

“In Irlanda hanno messo in atto le prime misure una settimana fa. Sono state chiuse scuole ed università e dove possibile è stato avviato lo smart working. Poche ore prima del giorno di San Patrizio sono stati chiusi tutti i Pubs.

Quello che ho potuto constatare è che il nostro Paese è il più avanti non solo sfortunatamente riguardo all'elevato numero di contagi, ma relativamente alle direttive. Noi stiamo seguendo le regole del nostro governo prima di quelle del governo irlandese, viviamo in prima persona la situazione delle nostre famiglie e dei nostri amici e ci sentiamo direttamente coinvolti, per questo abbiamo cercato di stare in casa il più possibile anche prima che il governo irlandese prendesse dei provvedimenti. Mi sento di dire che noi Italiani all'estero siamo i più responsabili rispetto alle altre nazionalità, perché anche noi seppur indirettamente stiamo toccando con mano la gravità del problema”.

Che sensazioni stai provando? Come passi le giornate?

“Le mie sensazioni riguardo la situazione che stiamo vivendo sono di speranza e di fiducia nelle regole da osservare. Come detto, abbiamo cercato di stare in casa il più possibile anche prima che il governo irlandese prendesse dei provvedimenti.

I modi per stare vicino si trovano anche a distanza. Con i miei amici di sempre abbiamo iniziato ad organizzare aperitivi "virtuali" tramite videochiamate. Alcuni di loro sono all'estero come me, altri sono in quarantena in Nord Italia. Abbiamo anche organizzato una festicciola post-laurea, per degli amici che si sono laureati online in questi giorni”. 

Hai pensato di tornare in Italia?

“Prima che scoppiasse l'epidemia io e molti altri ragazzi avevamo acquistato i biglietti per ritornare a casa per le vacanze di Pasqua. Quando abbiamo visto la situazione precipitare abbiamo tutti deciso di non tornare (anche se avessimo voluto successivamente sono stati chiusi tutti i collegamenti fino all'8 aprile).

Avevamo preferito rimanere qui e attendere la fine dell'emergenza in Italia. La cosa più importante era sapere che le nostre famiglie stavano bene ed erano al sicuro.

Ma desso la situazione è cambiata. La nostra presenza qui ormai è di troppo, l'università ci ha invitato molto chiaramente a tornare a casa. Se la situazioni precipitasse gli studentati dove alloggiamo potrebbero chiudere per evitare i contagi (alcuni hanno già chiuso mandando la gente a casa) e noi non sapremmo dove andare.

Siete in contato con il nostro Ministero degli Esteri?

“Abbiamo contattato la Farnesina ma purtroppo non stiamo ricevendo risposte. Qui non abbiamo un medico di riferimento, le università hanno chiuso e praticamente ci siamo ritrovati all'estero in quarantena.

Al momento si stanno occupando dei rimpatri dalle nazioni più colpite, come la Spagna, lasciando in secondo piano noi ed altri studenti in altri stati. Per quanto possa essere importante rimpatriare prima i più urgenti, noi ci sentiamo comunque abbandonati. Qui la situazione non è ancora precipitata e per questo avrebbe senso tornare a casa adesso e non dopo, quando rischieremmo di diventare pericolosi per i nostri concittadini. 

Senza l'aiuto dell'ambasciata dovremmo prenotare dei voli per i prossimi giorni (con la speranza che non vengano cancellati perché adesso cambiano di ora in ora) e io in primis per rientrare a casa dovrei fare come minimo due scali (partendo da Dublino per Londra, Londra-Roma, Roma - Palermo) e di questi tempi passare da 3 nazioni in un giorno non ci sembra proprio consigliato, sicuro e prudente.

Se la Farnesina ci aiutasse con un volo diretto da Dublino per Roma sarebbe già un grande aiuto per tutti.

Ho già detto ai miei genitori che se dovessi rientrare nei prossimi giorni non voglio vengano in aeroporto e andrò a stare in quarantena lontano da loro. Ma lo Stato ci deve aiutare, in questo momento ci sentiamo abbandonati”.

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