Nella vicina Montevago, abbiamo visto riemergere in questi giorni, dopo più di mezzo secolo dal terremoto, tutto ciò che rimane della vecchia Chiesa Madre, ed è davvero emozionante perché rievoca la memoria di questo tragico evento, anche per chi non è del luogo o non era ancora nato nel 1968. Proprio alla luce di questi lavori effettuati, penso e mi chiedo come sarebbe stata la Chiesa Madre di Menfi, o quale sarebbe stato il suo destino, se non fosse stata consegnata alle ruspe dopo i danni causati delle scosse telluriche.
Premetto che all’epoca dei fatti non ero nato, non sono un architetto e nemmeno un ingegnere, per cui non conosco l’effettiva entità dei danni riportati, ma dalle foto che circolano e dai racconti di chi è ancora in vita, se non vi fosse stata la fretta di demolirla, magari si potevano salvare altre parti della struttura. In questo modo, le future generazioni, compresa la mia, sono state private della bellezza e maestosità di questa opera d’arte del seicento e di altre che, invece, sono state veramente rase al suolo dal sisma. Voglio citare la Chiesa San Fracesco d’Assisi (Ex Ospedale), la Chiesa Madonna delle Grazie (oggi Oratorio Don Bosco), la Chiesa del Soccorso (oggi monumento Padre Pio) ricostruita e spostata dal luogo d’origine, la Torre Federiciana, monumenti che non esistono più, inghiottiti dalla voracità di quel terribile terremoto che ha segnato dolore e sofferenza nella Valle del Belice.
A volte, provo ad immaginare come sarebbe stata la Piazza del mio paese se non fosse accaduto quel terribile terremoto che ha sottratto ai menfitani alcuni monumenti storici, cancellando per sempre alcune pagine di storia, ma non il vivido ricordo di chi ha vissuto quei momenti e con le lacrime agli occhi descrive la bellezza inaudita della Chiesa Madre e dei suoi meravigliosi affreschi.
E’ passato tanto tempo, ormai la Chiesa Madre è stata ricostruita con un progetto firmato dal famosissimo Ing. Vittorio Gregotti, e ciò che rimane della vecchia Chiesa Madre è parte della navata laterale con le sue cappelle, che oggi fanno da altare principale alla nuova Chiesa in cui l’antico è abbracciato eternamente dal grigio cemento armato della civiltà moderna.
Sicuramente la nota dolente in questo 54° Anniversario rimane il mancato completamento della ricostruzione, in un paese che seppur ampiamente modernizzato, vede ancora degli immobili fatiscenti che testimoniano i segni del tempo e l’abbandono da parte delle istituzioni che hanno dimenticato ancora una volta il meridione e i terremotati del Belice.
Gaspare Ardizzone