Discariche abbandonate, la Regione mette mano ad oltre 60 "bombe ecologiche". Fra queste le aree delle ex baraccopoli di Santa Margherita di Belice e Montevago

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La Regione Siciliana dà il "via libera" alle procedure di bonifica definitiva di oltre 511 ex discariche comunali abbandonate: tra queste numerose sono in provincia di Agrigento. Vere e proprie "bombe" ecologiche dimenticate negli anni. Dopo aver avviato interventi urgenti su alcuni siti ritenuti più pericolosi, il governo Musumeci entra adesso nel dettaglio delle singole aree per esaminarle e definire i lavori che si riterranno necessari.

La Regione sta agendo in via sostitutiva dei Comuni competenti che, non avendo risorse tecniche ed economiche, dopo decenni non hanno ancora provveduto non solo a provvedere a rimuovere gli inquinanti, ma persino spesso ad effettuare la caratterizzazione della discarica, per verificare appunto se stava in qualche modo agendo (negativamente) sull'ambiente circostante. Nei prossimi mesi, in particolare, saranno raccolte informazioni su estensione, perimetrazione, tipologia del territorio, area eventualmente inquinata, presenza di biogas o percolato, e saranno forniti dei parametri per stabilire l’ordine di priorità dei siti da sottoporre alla caratterizzazione di secondo livello. Tutto questo anche attraverso rilievi satellitari o aerei. L’intero lavoro consentirà di “georeferenziare” i siti producendo un database che sarà consegnato agli uffici regionali.

Andando alle questioni locali, se la Regione in questa fase non ha comunicato con esattezza quali siti saranno oggetto di interventi, è il piano regionale sulle discariche di qualche anno fa a dirci quale è la situazione di massima. In quel documento, per la provincia di Agrigento, si parla di 66 siti in totale, dei quali 63 sono ex discariche esauste mentre 3 sono siti industriali dismessi, cioè quelli di contrada Caos, quello di contrada Scavuzzo a Realmonte e lo stabilimento di contrada Stampaci sulla 189 a Casteltermini, questi ultimi due mai oggetto di operazioni di bonifica.

L’elenco delle discariche è realmente interminabile e la sua distribuzione abbastanza “democratica”, nel senso che si trovano praticamente in tutti i comuni, con una particolare presenza a Bivona e Cammarata (tre aree ciascuno), così come Racalmuto e Sant’Angelo Muxaro, larga parte dei quali appunto non oggetto di progetti operativi di bonifica (ma quasi tutti preliminari e presentati al Ministero per lo sviluppo economico).

Nella categoria “non bonificate” della Regione rientrano l’ex discarica in contrada Mulinelli a Favara, quella di contrada Mannara-Strippi a Linosa, la ex discarica di contrada Fauma-Mintina a Porto Empedocle, l’ex discarica Santa Caterina a San Giovanni Gemini oltre che l’ex discarica di contrada Matarano a Siculiana.

Come dicevamo poi ci sono ben 18 aree dove esiste unicamente un progetto preliminare di bonifica e altri 14 sono oggetto di progetti esecutivi ma di fatto non avviati. A queste comunque bisogna aggiungere oltre che ai siti industriali anche alcuni siti in cui è segnalata massiccia presenza di amianto. Stiamo parlando delle baraccopoli, o ex tali, dei comuni del Belicino colpiti dal sisma del 1968, cioè Montevago e Santa Margherita Belice, i cui sindaci, anche negli ultimi anni, hanno più volte chiesto interventi allo Stato per avviare una reale attività di bonifica. Ci sono per la bonifica già disponibi 10 milioni di euro, dei progetti redatti e presentati, ma la burocrazia ha impallinato la rimozione. Le situazioni piu’ critiche sono osservabili a Santa Margherita del Belìce e a Montevago.

A Santa Margherita esiste un luogo, chiamato “la Fossa dei Leoni” che contiene centinaia di chilogrammi di amianto e di suoi derivati. Situazione molto simile per il vicino comune di Montevago, che riscontra la presenza di edifici costruiti dopo il terremoto e pensati come provvisori, serviti per dare nel breve periodo una casa per le famiglie colpite dal sisma. Tali villette comprese di giardino, insieme a una chiesa e un ex poliambulatorio sono composte da elementi derivati dall’amianto e sono ancora oggi abitate e oggetto di compravendite. Per poche migliaia di euro vengono acquistate da famiglie palermitane e saccensi che durante il periodo estivo vogliono passare le vacanze lontane dal caos cittadino. Queste villette sono soggette allo sgretolamento dell’amianto, che ricordiamo può causare diverse complicanze tumorali. In totale stato di abbandono dopo il terremoto, anche il vecchio centro ridotto in ruderi circondati da erbacce e vegetazione selvaggia. Tra i ricoveri di bestiame abusivi allestiti negli edifici inagibili, sono presenti rifiuti abbandonati dove anche lì può essere riscontrata la presenza del tossico amianto, sotto forma di lastre distrutte e fatte a pezzi.

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