"Siamo l'unico Comune del Belice che ha ancora un quartiere con cinquecento abitanti senza opere di urbanizzazione e lo Stato deve starci a sentire". Così il sindaco di Santa Margherita Belice, Franco Valenti, che il 15 gennaio 2019 sarà in piazza Montecitorio a Roma con la giunta e il consiglio comunale.
Ad oltre mezzo secolo dal sisma della notte del 15 gennaio 1968 i massimi rappresentanti della cittadina del Gattopardo vogliono ribadire forte “ora basta a questa lunga attesa”. A 51 anni dal terremoto, che ha seminato morte e distruzione, si attende ancora la chiusura di questa triste pagina, mentre in varie parti d’Italia si aprono nuove ferite con i terremoti che hanno segnano diverse popolazioni. Non ultimo, in queste ore, quello che ha colpito alcuni paesi dell’Etna ed a cui la città di S. Margherita esprime la sua vicinanza.
“E sempre più difficile fare comprendere a 51 anni dal sisma che a S. Margherita c’è una doppia ferita aperta. sia perché la ricostruzione non è completa, ma soprattutto perché c’è un quartiere dove sorgeva l’ex baraccopoli Pasotti che è senza opere di urbanizzazioni primaria. – A dirlo è il sindaco Franco Valenti - Con la seduta consiliare a Roma cerchiamo di richiamare l’attenzione dei politici e dei media. L’anno scorso con la visita del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella vicina Partanna pensavamo che si potesse riaprire questo capitolo. Ma purtroppo così non è stato. Nella finanziaria ormai da diversi anni non esiste più la parola Belice. Debbo dire anche che oggi, rispetto a prima, abbiamo difficoltà a capire con chi interfacciarci ed interloquire per affrontare la questione del completamento della ricostruzione nel mio paese . A Roma vogliamo rappresentare ancora ed una volta con forza che c’è chi aspetta una casa e sono ben 84 le prime unità abitative non ancora realizzate, e di queste 42 ricadono proprio in un quartiere non urbanizzato posto nel cuore della città di S. Margherita”. Da quella lontana notte del 14 gennaio 1968 ci sono ancora famiglie che attendono di avere una casa. E per dare loro un tetto sono necessari 11 milioni di euro. Ma poi c’è il quartiere dell’ex baraccopoli Pasotti, dove oltre un centinaio di famiglie, nonostante la casa l’abbiano costruita, abitano in mezzo a cumuli di terra: mancano strade, marciapiedi, pubblica illuminazione, fognature, rete idrica, elettrica, telefonica e metanizzazione. Al loro posto tanto fango d’inverno e polvere d’estate, luce da cantiere ed autobotti per l’acqua.
“Per urbanizzare questo quartiere servono circa 27 milioni di euro” spiega il primo cittadino, Franco Valenti. “Dobbiamo fare chiarezza sulla vicenda del mancato completamento della ricostruzione della mia città”. . Nel Belice da anni non arriva dallo Stato neanche un euro. “Anzi, da alcuni anni, chi ci rappresenta a livello nazionale, vergognandosi della parola Belice – afferma Valenti - ha risolto il problema, cancellando definitivamente la voce di bilancio dalla manovra finanziaria! Uno Stato sordo che non mantiene gli impegni”. L’anno scorso in occasione del cinquantesimo anniversario per protestare contro l’assenza dello Stato il primo cittadino con la sua giunta, i consiglieri comunali, l’arciprete del paese don Filippo Barbera, tanti giovani ed il mondo dell’associazionismo locale, dalla Pro Loco al Barrakesh, si accamparono nelle tende allestite nello stesso posto dove 50 anni prima trovarono posto le precarie tende degli scampati al sisma. Oggi, un anno dopo, la protesta s sposta a Roma. “E’ necessario entrare nel merito dei problemi della nostra comunità in fatto di ricostruzione. Qui a S. Margherita non ci sono opere pubbliche faraoniche. Qui non si è fatto spreco di denaro pubblico”. Valenti si fa in quattro a spiegare che: “Se 84 famiglie aspettano una casa è perché uno Stato non è stato in grado di assicurare a questa gente i contributi dovuti. Contributi che dalla mano dello Stato arrivano direttamente nelle mani del cittadino avente diritto a stati di avanzamento lavori.
La verità è che questi soldi non sono mai arrivati. Come la completiamo la ricostruzione se non arrivano i soldi certificati dalle stesse istituzioni statali. Ricordo che nel 2007 fu l’allora ministro Di Pietro che certificò per il Belice una somma di 450 milioni di euro complessivi di cui 300 per l’edilizia privata. E giunta l’ora che uno Stato italiano distratto colmi questo debito verso la gente del Belìce. E’ inaccettabile come ha certificato il segretario generale Monorchio che in 50 anni nel Belice siano arrivati circa 9 miliardi di euro, e per il Friuli, pari estensione e in meno di trent’anni siano arrivati 18 miliardi di euro”