"Vendesi indulgenze" a Sciacca. Le riflessioni di un lettore di Belicenews.it

“Vendesi indulgenze“ a Sciacca. Le riflessioni di un lettore di Belicenews.it

Riceviamo e pubblichiamo un "pensiero" di un lettore saccense di Belicenews.it, il sig. Francesco Ciaccio.

"Incredibile, ma vero. Da alcuni giorni è presente a Sciacca, affisso sul portone della Basilica di Maria S.s. del Soccorso, la cosiddetta Matrice, un manifesto che letteralmente recita: <Con decreto arcivescovile, in questa basilica è possibile lucrare una volta al giorno l’indulgenza plenaria per sé o per un defunto durante l’anno di fede>. Veramente sbalorditivo. La prima volta che l’ho visto, non ho voluto credere ai miei occhi e così, dopo una rapida quanto energica strizzata, ho provato a rileggere con più attenzione, certo di aver male interpretato quanto letto. Ed invece no! Era proprio vero! Avevo letto bene, nessun dubbio, era scritto proprio così: “lucrare l’indulgenza plenaria”.

A questo punto però, ho pensato di aver avuto un’allucinazione e di essere stato trasportato, attraverso una sorta di viaggio nel tempo, come nel film “non ci resta che piangere”, nel meraviglioso rinascimento italiano ed in particolare nel XVI secolo e di ritrovarmi di fronte a Papa leone X, Papa Medici per capirci e Martin Lutero, Calvino e magari, dato che in fondo mi trovavo comunque a Sciacca anche a Sigismondo Luna, il Perollo e tutta la sua corte, ma invece no, nulla di tutto questo, nulla che facesse pensare a Michelangelo, Raffaello, Macchiavelli o all’eterna disputa tra i Re Carlo V e Francesco I o tra i Papi Borgia e il guerriero Della Rovere, nulla perché non ci crederete: eravamo proprio nel Dicembre 2012, cioè nel presente, cinquecento anni dopo i fatti che portarono allo scisma e alla nascita della riforma protestante. Quindi, si potrebbe dire: la Chiesa perde il pelo ma non il vizio, o cosa?.

Certamente, qualcuno sosterrà che lucrare nel linguaggio ecclesiastico non deve per forza essere inteso come: “guadagnare denaro, incamerare a titolo di utile, non sempre in modo illecito”, ma può essere usato come: “conseguire un beneficio mediante pratiche devote” e che “indulgenza” a sua volta vuol dire: “remissione della pena temporale per i peccati che il fedele acquista per il tramite della chiesa”. Tuttavia i termini lucrare ed acquistare non fanno pensare ad opere pie, ma ad attività egoistiche e di assoluta materialità. In pratica, sembra si voglia invitare il fedele ad un opportunistico quanto prosaico scambio di favori.

Resta poi il fatto che la storia della Chiesa è intrisa di atti di assoluta materialità quali guerre di conquista, vendette, tradimenti, orge e di ogni altro atto delineante lussuria e peccato e che ciò è avvenuto sempre grazie al ricorso al vile denaro, spesso frutto di saccheggi e ritorsioni contro chi veniva accusato pretestuosamente di eresia e che quando le casse erano vuote si ricorreva facilmente proprio alla vendita delle indulgenze e pertanto, mi perdonino le pie donne ed i santi uomini, il pensiero di noi povera umana gente inevitabilmente si dirige verso ciò che di meno spirituale esiste, cioè il volgare mercimonio.

A questo punto, umilmente mi chiedo, perché La Chiesa, se veramente vuol evitare di cadere in certe malevoli interpretazioni, non usa termini più consoni alla società ed al linguaggio italiano comune, dato che in fondo essa vive qui e beneficia di tutti i diritti che lo Stato e gli italiani tutti, anche i non cattolici, sempre più malvolentieri, le riconoscono? Forse perché, in fondo, il significato reale di certe parole è proprio quello che tutti, anche noi, volgari uomini che poco abbiamo a che fare con dotti monsignori ed eminenze varie, riusciamo con immediatezza a comprendere? Non vorrei che dopo il manifesto arcivescovile di oggi, da qualche altra parte, in una nuova chiesa di Wittenberg, si dovesse materializzare un neo Martin Lutero con una versione rinnovata delle 95 tesi?!?. Attenti fedeli che, come dice “il Principe” di Macchiavelliana memoria: <Tutti li tempi tornano, li uomini sono sempre li medesimi>.
Facciano memoria lor signori, la storia insegna, tutto si ripete".

Francesco Ciaccio

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